Cecilia Sala e il silenzio di Evin: il coraggio di tornare a scrivere per chi non può farlo

È passato troppo tempo dall’ultima volta che ho scritto qui. Non perché non avessi nulla da dire, ma forse perché il mondo, con il suo rumore incessante, sembrava non lasciare spazio alla mia voce. Oggi, però, non posso restare in silenzio. C’è una storia che mi brucia dentro e che sento il dovere di raccontare, perché riguarda una di noi. Una giornalista, una donna, un’anima coraggiosa che oggi è rinchiusa nel carcere di Evin, in Iran. Cecilia Sala.

Cecilia non è solo una giornalista: è una narratrice. Una che si immerge nel caos per dare ordine e senso, per raccontare le storie che altri non hanno il coraggio di affrontare. È in Iran con un visto regolare per documentare un Paese che, da anni, vive sull’orlo del collasso tra repressioni e rivolte. Eppure, il 19 dicembre, Cecilia è stata arrestata, portata via e rinchiusa in quello che è tristemente conosciuto come uno degli angoli più bui del mondo: il carcere di Evin.

Ho pensato a lungo se scrivere di questo. Non sono una cronista, non sono neanche una giornalista come lei. Ma sono una persona che crede nel potere delle storie, nel diritto alla verità, nella libertà di chi racconta. E oggi, Cecilia non può raccontare. È toccato a noi farlo per lei.

Evin: un nome che spaventa solo a pronunciarlo

Evin non è solo un carcere. È un simbolo. Per chi vive in Iran, è un avvertimento: qui finiscono i dissidenti, i giornalisti, gli attivisti. Qui finisce chi non si piega. Per noi, invece, è l’incarnazione della paura. La stessa paura che due anni fa abbiamo provato quando Alessia Piperno, una giovane viaggiatrice italiana, è stata rinchiusa lì per 45 lunghissimi giorni.

Alessia, come Cecilia, era in Iran con uno scopo diverso dal turismo: lei voleva scoprire il mondo, viverlo a fondo. Evin, però, non fa distinzioni. Ti prende, ti isola, ti spezza. Quando Alessia è tornata, ci ha raccontato di un inferno fatto di celle sovraffollate, di madri che non rivedranno i loro figli, di donne che hanno perso tutto tranne il coraggio. Alessia ce l’ha fatta. Ma oggi, Cecilia è ancora lì.

Il silenzio che non possiamo permetterci

Tornare a scrivere oggi per me non è solo un bisogno, ma un dovere. Perché il silenzio non salva nessuno. Perché Cecilia ha sempre usato la sua voce per darne una a chi non l’aveva, e ora che quella voce è stata spezzata, tocca a noi alzarci per lei. Non so se questo può bastare. So solo che stare zitta, continuare a osservare questa storia scorrere da lontano, non è un’opzione.

Un appello al cuore di chi legge

A chi legge questo post, chiedo una cosa: parlatene. Condividete la storia di Cecilia Sala. Ogni voce conta, ogni condivisione può fare la differenza. Lo abbiamo visto con Alessia Piperno: la pressione pubblica, il sostegno collettivo, hanno permesso di riportarla a casa. Non possiamo permettere che Cecilia resti sola in quel luogo. Non possiamo permettere che la sua storia venga dimenticata.

Scrivo queste parole con il cuore pesante, ma anche con una speranza immensa: che un giorno, non troppo lontano, Cecilia possa tornare a raccontare, a fare quello che le riesce meglio.

Questo è il mio piccolo modo di tornare a scrivere. Per lei. Per tutti quelli che, come Cecilia, rischiano tutto per illuminarci con la verità.

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